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Prove in generale |
Inquadramento | Il diritto alla prova | Il principio dispositivo | I poteri del giudice e le scansioni processuali | Il divieto di utilizzare la scienza privata | Quando non occorre fornire la prova | Distinzione delle prove | Le prove c.d. atipiche | L'ammissione | L'espletamento | La prova fuori sede | Verbalizzazione e processo telematico |
«Provare» — nell'accezione che interessa — vuol dire sottoporre all'attenzione (e alla valutazione) di chi deve esprimere un giudizio gli elementi per dimostrare la sussistenza di fatti che si afferma essersi verificati o l'impossibilità che essi si siano verificati. In particolare, la parte che agisce per far valere in giudizio un diritto deve provare i fatti che sorreggono la pretesa; la controparte che tali fatti contrasta (cioè ne «eccepisce l'inefficacia» oppure la modifica o l'estinzione del diritto preteso ex adverso) «deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda» (art. 2697 c.c.). Si tratta del principio dell'onere della prova, ricollegato al brocardo onus probandi incumbit ei qui dicit e collocato nel codice civile poiché viene in considerazione sia quanto alla sua ripartizione tra i soggetti di un rapporto giuridico controverso, sia in ordine all'attività da svolgere per fare acquisire nel processo il materiale idoneo a sostenere le rispettive pretese. In difetto (o insufficienza) di prova a sostegno delle deduzioni assertive si fa applicazione della regola actore non probante reus absolvitur e il giudice emanerà una sentenza di rigetto della domanda dell'attore; se il difetto di prova riguarda i fatti impeditivi, modificativi o estintivi del diritto azionato, sa...
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