QUESTIONE CONTROVERSA
La problematica in esame attiene alla valenza della produzione dei documenti nella fase monitoria del procedimento per ingiunzione rispetto alla successiva fase a cognizione piena ed esauriente eventualmente incardinata dal debitore con la proposizione dell’opposizione.
Per comprenderne la portata, occorre ricordare, in termini generali, che, per ottenere l’emanazione di un decreto ingiuntivo, il creditore può ricorrere al giudice competente per materia o valore depositando una serie di documenti (anche talvolta inidonei a costituire prova del credito in un giudizio ordinario di cognizione: v. art. 634 c.p.c.) ed ottenere all’esito di tale fase l’emanazione del provvedimento monitorio.
Tale decreto, di regola, non è munito della clausola di provvisoria esecutività ma può divenire definitivo se il debitore non propone opposizione entro il termine di 40 giorni dalla notifica.
È incontroverso che l’opposizione dà luogo ad un giudizio a cognizione piena ed esauriente sulla sussistenza dei fatti costitutivi della pretesa creditoria e non sulla legittimità del decreto ingiuntivo. Nell’ambito di tale procedimento, si verifica peraltro una c.d. inversione formale della posizione processuale delle parti, sicché il creditore opposto, sebbene assuma la veste di convenuto è sostanzialmente attore, ed è quindi tenuto a provare il credito fatto valere nei confronti del debitore.
Ciò posto, la questione controversa attiene alla valenza nella fase di opposizione dei documenti prodotti in quella monitoria inaudita altera parte, ossia se, in altre e più chiare parole, tali documenti possano “transitare” nel giudizio a cognizione piena ed esauriente a prescindere da un’iniziativa del creditore ricorrente che provveda al tempestivo deposito degli stessi.
Invero, se si ritiene che il creditore abbia tale onere perché le due fasi del procedimento monitorio si ricostruiscono in termini autonomi (come se non operasse nelle stesse il c.d. principio di acquisizione processuale), deve anche affermarsi che tale onere debba essere assolto nel rispetto delle preclusioni istruttorie e, quindi, mediante il deposito degli stessi, a pena di decadenza, con la seconda memoria ex art. 183, sesto comma, n. 2, c.p.c.
Ne deriva, altresì, che detta produzione sarà inammissibile in appello dovendosi tali documenti considerare come “nuovi” ai sensi e per gli effetti dell’art. 345, terzo comma, c.p.c.
Qualora, per converso, si ricostruiscano le due fasi del procedimento per ingiunzione in termini unitari, ne consegue anche l’operatività, rispetto alle stesse, del principio di c.d. acquisizione processuale, sicché la documentazione prodotta dal ricorrente con il deposito della domanda di ingiunzione si riterrà in ogni caso acquisita al giudizio, i.e. a quello eventuale e successivo a cognizione piena ed esauriente, a prescindere da una tempestiva produzione degli stessi documenti ad iniziativa del convenuto opposto. Tale principio troverà applicazione anche nel giudizio di appello con la conseguenza che tali documenti non potranno considerarsi nuovi ai fini dell’operare della preclusione posta dal terzo comma dell’art. 345 c.p.c.
ORIENTAMENTI CONTRAPPOSTI
Orientamento favorevole all’onere della produzione documentale in capo al creditore ricorrente
In accordo con una prima posizione che si era affermata all’interno della giurisprudenza della S.C., la documentazione posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo è destinata, per effetto dell'opposizione al decreto e della trasformazione in giudizio di cognizione ordinario, ad entrare nel fascicolo del ricorrente, restando a carico della parte l'onere di costituirsi in giudizio depositando il fascicolo contenente i documenti offerti in comunicazione, sicché, in difetto di tale produzione, essa non entra a far parte del fascicolo contenente i documenti offerti in comunicazione ed il giudice, pertanto, non può tenerne conto (Cass., 18 aprile 2006, n. 8955; Cass. civ., sez. I, 18 luglio 2013, n. 17603).
In particolare, tale orientamento era stato sostenuto, sin dalla prima pronuncia della Corte di Cassazione che si era occupata della questione, sull’assunto per il quale la documentazione posta a sostegno del ricorso per decreto ingiuntivo conserva, rispetto al fascicolo di ufficio, una distinta funzione ed una propria autonomia, che ne impedisce l’allegazione di ufficio nel giudizio di secondo grado ove, come in quello di primo grado, la produzione del fascicolo di parte presuppone la costituzione in giudizio (Cass. civ., sez. III, 7 ottobre 2004, n. 19992).
Orientamento favorevole all’operatività del principio c.d. di acquisizione processuale
La posizione contraria era stata, in realtà, sostenuta nella giurisprudenza di legittimità da un unico precedente il quale aveva evidenziato, sul presupposto per il quale il procedimento che si apre con la presentazione del ricorso per decreto ingiuntivo e si chiude con la notifica del decreto stesso non è autonomo rispetto a quello che si apre con l'opposizione, che nel giudizio di opposizione, ove la parte opposta non abbia allegato al fascicolo nel termine previsto per il deposito dei documenti e l’indicazione degli altri mezzi di prova, la documentazione posta a fondamento del ricorso monitorio, la stessa può essere utilmente prodotta in appello, non potendosi considerare nuova (Cass. civ., sez. II, 27 maggio 2011, n. 11817).
Tale pronuncia, pur non richiamandolo, si fonda sul principio, già espresso dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, in tema di litispendenza nel procedimento per ingiunzione, principio che poteva condurre, come invero avvenuto, ad una differente impostazione anche per la problematica che ne occupa, avendo sancito l’assunto dell’unitarietà del procedimento che si apre con il deposito del ricorso volto all’emanazione del decreto ingiuntivo con la successiva fase a cognizione piena ed esauriente.
In particolare, mediante tale precedente di legittimità, è stato affermato il principio per il quale il comma terzo dell'art. 643 c.p.c. deve interpretarsi nel senso che la lite introdotta con la domanda di ingiunzione deve considerarsi pendente a seguito della notifica del ricorso e del decreto, ma gli effetti della pendenza retroagiscono al momento del deposito del ricorso, sicché, nel caso in cui la parte nei cui confronti è stata chiesta l'emissione di decreto ingiuntivo abbia proposto domanda di accertamento negativo del credito davanti a un diverso giudice prima che il ricorso e il decreto ingiuntivo le siano stati notificati, se, in virtù del rapporto di continenza tra le due cause, quella di accertamento negativo si presti ad essere riunita a quella di opposizione, la continenza deve operare in questo senso, retroagendo gli effetti della pendenza della controversia introdotta con la domanda di ingiunzione al momento del deposito del relativo ricorso, sempre che la domanda monitoria sia stata formulata davanti ad un giudice che, alla data della presentazione, era competente a conoscerla (Cass., Sez. Un., 1° ottobre 2007, n. 20596, in Giust. Civ., 2007, I, 2686).
Peraltro, anche in altre numerose decisioni della S.C. è stato enunciato, sin da tempi risalenti, il principio secondo cui il procedimento che si apre con la presentazione del ricorso per decreto d’ingiunzione e si chiude con la notifica del relativo decreto non costituisce, dunque, un processo diverso rispetto a quello aperto con l’opposizione, ma un unico giudizio, in rapporto al quale funge da atto introduttivo proprio la domanda di ingiunzione, sicché va esclusa l’ammissibilità di una pronuncia soltanto sulla legittimità del decreto: ciò è stato evidenziato, ad esempio, ai fini del regolamento delle spese processuali, della procura rilasciata al difensore, dell’elezione di domicilio, dell’ammissibilità di domande nuove da parte dell’opposto come della chiamata in causa di terzi, della tempestività dei disconoscimenti ex artt. 214 e 215 c.p.c. (cfr., tra le altre, Cass. civ., sez. II, 14 maggio 2014, n. 10610; Cass. civ., sez. III, 4 ottobre 2013, n. 22754; Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2010, n. 26128; Cass. civ., sez. III, 17 luglio 2008, n. 19680; Cass. civ., sez. I, 17 giugno 1999, n. 5984; Cass. civ., sez. II, 13 giugno 1997, n. 5336; Cass. civ., sez. II, 28 settembre 1994, n. 7892; Cass., 7 aprile 1987, n. 3355; Cass., 10 gennaio 1980, n. 186). Invero, se il procedimento è unitario può trovarvi applicazione, in tema di onere della prova, il consolidato principio di c.d. acquisizione processuale, in virtù del quale un elemento probatorio, una volta introdotto nel processo, è definitivamente acquisito alla causa e non può più esserle sottratto, dovendo il giudice utilizzare le prove raccolte indipendentemente dalla provenienza delle stesse dalla parte gravata dell’onere probatorio (Cass., Sez. Un., 23 dicembre 2005, n. 28498).
RIMESSIONE ALLE SEZIONI UNITE
La Terza Sezione civile della Corte di cassazione, con ordinanza interlocutoria del 17 novembre 2014, n. 24408, ha rimesso alle Sezioni Unite la decisione della seguente questione oggetto di contrasto giurisprudenziale:
- “se l’omessa produzione in primo grado della documentazione posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo e destinata, per effetto dell’opposizione al decreto e della trasformazione in giudizio di cognizione ordinaria, ad entrare nel fascicolo del ricorrente – documentazione della cui produzione è onerata la parte opposta nel costituirsi in giudizio depositando il fascicolo contenente i documenti offerti in comunicazione – precluda, o no, ed in che limiti, alla parte opposta in primo grado in un giudizio regolato dall’art. 345 c.p.c., nel testo introdotto dalla legge n. 353 del 1990, come poi modificato dall’art. 46, legge n. 69 del 2009, di produrre tale documentazione in appello, alla stregua del canone di novità ed indispensabilità della prova documentale, di cui all’art. 345 c.p.c. (prima dell’ulteriore modifica di cui all’art. 54, d. l. n. 83 del 2012, conv. in legge n. 134/2012)”.
SOLUZIONE
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